venerdì 11 maggio 2012

Ma non doveva chiamarsi benessere?


Aggiornamenti necessari considerando l'evolversi degli eventi...
La scorsa settimana ho scritto questo post entusiastico sulle strategie di benessere individuale: http://countrycitytales.blogspot.it/2012/05/benessere-per-essere.html.

Ieri la collega che corre ogni sera perchè produce endorfine e la fa stare meglio mi confessa che il pensiero di andare a correre le provoca ansia. “Ma come???” penso io.
Corre con un personal trainer che le ha dato una tabella di marcia iniziale di 50 minuti (“Epperò...”) con la raccomandazione di alternare qualche minuto di camminata quando si sente stanca. Tempo qualche giorno e lei ha iniziato a sentirsi a disagio qualche ora prima della corsa e la sera al ritorno a casa. Prima perchè pensa che sicuramente si sentirà affaticata e dovrà fermarsi. Sarà un fallimento e il personal trainer la giudicherà una pappamolla. Dopo perchè - ovviamente qualche pausa di cammino capita sempre perchè non è ancora così allenata– pensa che non avrebbe dovuto fermarsi e si sente insoddisfatta di se stessa, pretende di più, non si sente a posto.

Caso numero 2: l'amica stakanovista che lo scorso ottobre avevo coinvolto al corso di yoga descrivendole i benefici fantastici che poteva avere contro lo stress salta lelezioni per un mesetto perchè esce sempre tardi dal lavoro. Quando le chiedo se è pronta a tornare al corso mi dice che non verrà più, perchè ha perso troppe lezioni e ha paura di essere rimasta indietro e di fare brutta figura con gli altri. Le spiego che lo yoga non è strutturato con un programma progressivo: puoi fare le stesse asana a inizio, metà o fine corso, principianti e praticanti esperti praticano insieme, ognuno vive la lezione come sa e pratica per sé, non per raggiungere degli standard di perfezione. Non siamo a karate e non diventiamo cintura nera di Saluto al Sole!
La spiegazione non la convince: ogni volta che torniamo sull'argomento mi dice “Chissà come siete diventati tutti bravi, io farei brutta figura”.

Quanto siamo severi con noi stessi, degli aguzzini inflessibili...è proprio vero che spesso siamo i nostri stessi peggiori nemici e ci poniamo dei limiti mentali che ci causano disagio.
La nostra società ci ha programmati per essere competitivi anche quando dormiamo, e non sappiamo più prenderci degli spazi di decompressione, fare le cose solo perchè ci piace, perchè ci fanno stare bene, rispettando i limiti del nostro corpo, della nostra stanchezza e del semplice “ho voglia/non ho voglia”.

Mi guardo intorno e vedo tante persone, specialmente donne, sopraffatte dal senso del dovere e dallo sforzo per essere perfette. Come uscirne? Pensando a me stessa ricordo che ho passato tutto il periodo scolastico con l'ossessione di fare il mio dovere, dare il massimo, perchè studiare era il mio lavoro. Genitori e insegnanti erano riusciti ad inculcarmi questo senso del dovere con relativo senso di colpa. Ho passato anni a studiare cose che puntualmente ho dimenticato appena chiusi i libri. Che peccato! Poi, messa la laurea nel cassetto, ho iniziato a capire che non avevo voglia di diventare lo zerbino del mondo del lavoro, di essere l'impiegata modello, quella che fa tardi in ufficio per essere sempre al top, che sacrifica il tempo libero nel miraggio dell'affermazione lavorativa. E lì ho iniziato a sentirmi me stessa.Con il portafoglio semivuoto e un lavoro precario, ma più vera.

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