Aggiornamenti necessari considerando
l'evolversi degli eventi...
La scorsa settimana ho scritto questo
post entusiastico sulle strategie di benessere individuale:
http://countrycitytales.blogspot.it/2012/05/benessere-per-essere.html.
Ieri la collega che corre ogni sera
perchè produce endorfine e la fa stare meglio mi confessa che il
pensiero di andare a correre le provoca ansia. “Ma come???” penso
io.
Caso numero 2: l'amica stakanovista che
lo scorso ottobre avevo coinvolto al corso di yoga descrivendole i
benefici fantastici che poteva avere contro lo stress salta lelezioni
per un mesetto perchè esce sempre tardi dal lavoro. Quando le chiedo
se è pronta a tornare al corso mi dice che non verrà più, perchè
ha perso troppe lezioni e ha paura di essere rimasta indietro e di
fare brutta figura con gli altri. Le spiego che lo yoga non è
strutturato con un programma progressivo: puoi fare le stesse asana a
inizio, metà o fine corso, principianti e praticanti esperti
praticano insieme, ognuno vive la lezione come sa e pratica per sé,
non per raggiungere degli standard di perfezione. Non siamo a karate
e non diventiamo cintura nera di Saluto al Sole!
La spiegazione non la convince: ogni
volta che torniamo sull'argomento mi dice “Chissà come siete
diventati tutti bravi, io farei brutta figura”.
Quanto siamo severi con noi stessi,
degli aguzzini inflessibili...è proprio vero che spesso siamo i
nostri stessi peggiori nemici e ci poniamo dei limiti mentali che ci
causano disagio.
La nostra società ci ha programmati
per essere competitivi anche quando dormiamo, e non sappiamo più
prenderci degli spazi di decompressione, fare le cose solo perchè ci
piace, perchè ci fanno stare bene, rispettando i limiti del nostro
corpo, della nostra stanchezza e del semplice “ho voglia/non ho
voglia”.
Mi guardo intorno e vedo tante persone,
specialmente donne, sopraffatte dal senso del dovere e dallo sforzo
per essere perfette. Come uscirne? Pensando a me stessa ricordo che
ho passato tutto il periodo scolastico con l'ossessione di fare il
mio dovere, dare il massimo, perchè studiare era il mio lavoro.
Genitori e insegnanti erano riusciti ad inculcarmi questo senso del
dovere con relativo senso di colpa. Ho passato anni a studiare cose
che puntualmente ho dimenticato appena chiusi i libri. Che peccato!
Poi, messa la laurea nel cassetto, ho iniziato a capire che non avevo
voglia di diventare lo zerbino del mondo del lavoro, di essere
l'impiegata modello, quella che fa tardi in ufficio per essere sempre
al top, che sacrifica il tempo libero nel miraggio dell'affermazione
lavorativa. E lì ho iniziato a sentirmi me stessa.Con il portafoglio semivuoto e un lavoro precario, ma più vera.
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