Non potrò fare il resoconto sul Festival della Viandanza, come mi ero ripromessa, semplicemente perchè non ci sono stata.
Una congiuntura astrale sfavorevole ha accompagnato questo mio viaggio fin dalla partenza, complici Trenitalia, misunderstanding e complicazioni di vario tipo e infine anche un virus che ha attentato al mio weekend.
Come dicevo nel post precedente "Siamo tutti viandanti, ognuno verso la sua meta". Passata la delusione e la stanchezza che l'influsso malevolo degli astri mi ha causato, ho cercato di capire quale fosse la meta di questo mio viaggio bislacco, e se c'era. Sicuramente ci sono molti messaggi da cogliere, come capita ogni volta che si attende qualcosa con tante aspettative verso la situazione, verso le persone, dando per scontato che tutto andrà bene, perchè così deve essere.
La viandanza mi fa subito venire in mente la lentezza, il recupero di ritmi di cammino e di viaggio lenti, anche un po' anacronistici. Sicuramente fuggire da un periodo frenetico per correre verso la lentezza non è l'approccio giusto: è come un'auto lanciata a tutta velocità che all'improvviso tira il freno a mano per fermarsi: rischia di sbandare. Posso dire di aver fatto esattamente questo, e mi è parso di vedere che altri amici di viandanza, partiti con le migliori intenzioni, hanno perso la tenuta di strada.
La lentezza è una dimensione da recuperare, almeno parzialmente, ogni giorno, da riportare pian piano nella nostra vita, altrimenti non serve a nulla fuggire 2 giorni per poi tornare più stanchi di prima ai nostri ritmi frenetici. Me ne sono resa conto quando sono tornata da un impegno di lavoro giovedì sera alle 11 per puntare la sveglia alle 5 del mattino dopo, fare la valigia e partire per la Toscana, e mi sono sentita un po' nevrotica.
Ho sentito che è ora di fermarmi un attimo e ripartire piano piano, cercando di fare sempre spazio nelle mie giornate per qualcosa di costruttivo e di positivo, di recuperare degli spazi di spontaneità e di espressione di me, a prescindere da ciò che si dovrebbe fare, che la mancanza di tempo non ci permette di fare o che gli altri si aspettano che facciamo. Senza scuse, me lo impongo per il mio benessere. Ci pensano già troppe cose a rendere le giornate pesanti: credo che lo dobbiamo a noi stessi di sforzarci per trovare spazi di espressione e di decompressione, allentando leggermente il senso del dovere.
I compagni di questa specie di auto-terapia della lentezza saranno i libri di Thich Nhat Hanh, a partire da "Spegni il fuoco della rabbia" che rileggo volentieri, e poi "Essere pace". Ho bisogno di queste parole semplici, ma mai scontate, che mi arrivano al cuore e che hanno già fatto nascere dei germogli. Se non li coltivo moriranno insieme al mio entusiasmo.
Infine, tornare a casa e trovare il sorriso di un Cowboy e le fusa di un gatto...
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